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Nomadi

Ultimo Aggiornamento: 05/02/2008 18:16
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03/02/2008 03:01

Precedenti discussioni sono tutte in archivio, eventualmente un mod volenteroso potrebbe riunirle.

Comunque questo è il mio contributo odierno:

Augusto Daolio, un'emozione eterna
ricordarti in un mattino,
troppo forte più del sole,
che ormai non ce la fa,
a scaldare questo mondo,
fatto solo di tristezza,
troppo grigio ormai per te,

(Ricordarti, Lungo le vie del vento)
20 dicembre 2005 - Alessio Di Florio (tratto da www.peacelink.it/nobrain/a/14025.html )

Ci sono persone che entrano nel cuore degli altri, che sono speciali, uniche, anche se, apparentemente, non hanno particolari e straordinarie qualità. Nei momenti difficili e nei più lieti c'è una persona che la mia mente richiama: Augusto Daolio.
Sono troppo giovane e quindi non ho avuto la fortuna di conoscerlo di persona, nei concerti. La prima volta che ho sentito la sua voce è stata ad una gita scolastica qualche anno fa. Sull'autobus si cantava, seguendo una musicassetta alla radio, e tra le canzoni spuntò Io Vagabondo. Una sensazione stranissima si impadronì di me. La musica, almeno fino a quel giorno, non mi era mai interessata più di tanto. In pochi istanti mi ritrovai addirittura, tra lo stupore dei presenti, a cantare a squarciagola(una canzone che non conoscevo ...). Non lo sapevo, ma quel giorno iniziava una lunga storia ...
Passarono gli anni e dimenticai quel giorno. Con gli anni le situazioni diventano diverse, si scoprono emozioni e si attraversano difficoltà. Era un momento particolare della mia gioventù. Casualmente su una rivista lessi che era allegato un disco dei Nomadi. Leggendo qualcosina decisi di lasciarmi andare alla curiosità. Non lo sapevo ma erano proprio gli stessi di Io Vagabondo. Quel giorno Augusto Daolio entrò nella mia vita per non uscirne più. Scoprii un mondo di musica, sogno, speranza, lotta. Canzoni che sono diventate colonna sonora, supporto di una vita. Più passano i mesi e più scopro che per ogni momento c'è sicuramente una canzone dei Nomadi che lo descrive.
Augusto, come lui stesso diceva anche sul palco, non era un uomo bellissimo(di quelli che finiscono oggi sui calendari e fanno impazzire le fans per intenderci), non aveva atteggiamenti da star e la sua voce non era perfetta, aveva asprezze al limite della stonatura in alcuni momenti. Eppure ogni volta che cantava(come non ripensare a quell'Io Vagabondo universalmente noto e cantato) o anche solo appariva all'orizzonte con la sua figura veramente ... augusta, era un'emozione. Lui stesso non sapeva spiegarlo e descrivere, in un'intervista la chiamò aura, qualcosa di magico che l'avvolgeva.
Augusto aveva un cuore immenso, una sensibilità come un bambino che "ogni tanto mette le ali e con le parole gioca a rimpiattino"[1] per citare un suo grandissimo amico dei bei tempi andati. Pittore, poeta, cantante, artista eclettico quanto geniale. L'affetto[2] che ha circondato la moglie e i Nomadi dopo la sua morte sono emblema di cosa Augusto ha trasmesso in trent'anni di musica. Migliaia di persone hanno pianto, commosse e addolorate, una persona cara, un amico, un compagno di vita.
Dopo difficoltà e dissidi erano quelli anni di rinascita, una nuova primavera, per i Nomadi. Gente come noi(che è anche il disco di cui parlavo prima, corsi e ricorsi di una vita), una perla straordinaria, uno dei dischi più belli di sempre. A Maggio un primo improvviso lutto: Dante Pergreffi muore in un incidente stradale. Col suo ricordo(sempre proseguito sulle note di Canzone per un'amica, occasione in ogni concerto di dedicare a Dante un pensiero e un saluto) si realizzò il tour di quell'anno. Noi tutti, Ago compreso, non lo sapevamo ma il destino si preparava ad infierire. La moglie Rosi e Beppe erano riusciti a mantenere il riserbo fino all'ultimo. Un tumore ci stava rubando a poco a poco Augusto per portarlo via. Era il 7 ottobre di ormai tredici anni fa quando la notizia colse tutti di sorpresa: Augusto era morto. Morì praticamente sul palco. La tournée fu interrotta solo dopo un malore di Ago, quando ormai sembrò impossibile continuare, date le sue condizioni di salute. Quei mesi resteranno, magici ed eterni, nella memoria nomade. Augusto sembrava un altro, quasi trasfigurato(presentimento di quel che stava arrivando? aveva forse capito tutto e per questo cercava di dare ancor di più? chissà, solo il cielo lo sa ...), con una voce e una vitalità immensi, straordinari. E un altro disco era pronto, uscito poi postumo, diventando il suo testamento[3].
Ma Augusto, nonostante la sua crudele e tragica morte, non ci ha mai veramente lasciato. Come ripete sempre Beppe una parte di lui continua a vivere. Nei suoi quadri, nelle sue poesie, semplici, profonde e commoventi, ma soprattutto nelle canzoni. Con quella voce tutt'altro che perfetta, ma forse proprio per questo ancora più emozionante, pronta ad infiammare il cuore. Io Vagabondo, il manifesto di un ideale, il simbolo di un sogno. Il sogno di poter seguire le rotte degli Aironi Neri, cercando Ad est, ad est una vita più autentica, le piazze da riempire d'amore e le stelle della città che portiamo nel cuore. Una città dove contano l'amicizia, la sincerità, la cordialità, l'amore. Questo è stato Ago, scheggia di un mondo migliore, persona che ha attraversato questo mondo senza mai appartenervi. Di questo lo ringrazieremo sempre, continuando a farlo vivere nei nostri cuori, di queste emozioni.
Grazie alle sue canzoni è possibile andare avanti, proseguire nel cammino verso il sogno. Dolce evasione dall'ipocrisia, dai falsi sentimenti, dai giudici dell'altrui coscienza, dai benpensanti e dai perbenisti d'ogni risma volando sulle rotte del cuore e dell'utopia.
Note:

[1] L'amico è Francesco Guccini, autore di molti vibranti successi dei Nomadi con i quali nel 1979 si ritrovò anche sul palco per alcuni concerti, immortalati poi in un album. La canzone è Una canzone, dall'album Ritratti dell'anno scorso.
[2]Dopo la morte di Augusto, dalla spontaneità e generosità del popolo nomade, nacqua l'Associazione Augusto per la Vita. Per ricordarlo grazie alla solidarietà. www.augustoperlavita.it
[3]L'album era Contro e si chiudeva con la canzone Ad est, ad est. Augusto non sapeva e quindi non avrebbe mai potuto. Ma quella canzone è diventata il suo lascito, quasi il tuo testamento spirituale. Le parole sembrano quelle di un addio, di una dedica a chi rimane.

Ad est, ad est

Sembrano mani i rami del melo
sembrano dita che graffiano il cielo
un conto veloce di quanto possiedo
i soldi di carta e tanta rabbia
per questa vita che si spegne di corsa
come un fuoco di foglie
come un lampo nel cielo.

Ad est ad est, adesso si va
ad est ad est, tra gli alberi bianchi
ad est ad est, lì troverò la vita
ad est ad est, contro il vento di levante

Sembrano un'eco i rumori del vento
il corpo risponde, risponde più volte
uno sguardo veloce alla mia casa
con tanta rabbia per quei dipinti rimasti in bianco
tra i discorsi di tanti in barba ai santi
a tutti i santi.

Ad est ad est, adesso si va
Ad est ad est, da dove nasce il sole
Ad est ad est, là troverò la vita
Ad est ad est, perchè non è finita.

Ad est ad est, adesso si va
Ad est ad est, da dove nasce il sole
Ad est ad est, ritroverò la vita
Ad est ad est, perchè non è finita.


Addio Ago, o forse è meglio scrivere arrivederci. Perché un giorno ci ritroveremo. No, non è finita e non finirà mai. Grazie di tutto. E salutaci le stelle.




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03/02/2008 03:02

Noi non ci saremo

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03/02/2008 03:04

Mamma Giustizia

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Comandante Che Guevara

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03/02/2008 03:07

Ad est ad est

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05/02/2008 00:18

GRANDIOSI
"Un giorno insieme"

la loro più bella canzone
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05/02/2008 18:06

C'è un re

Mentre il fucile urla fuoco tutto il giorno
volano avvoltoi nel cielo blu attorno,
avanza il battaglione, brilla il ferro e l'ottone,
e cadono sull'erba mille bravi cittadini.
C'è un re, c'è un re
che non vuol vedere,
c'è un re, c'è un re
che non vuol sapere.
Mentre il cannone lancia lampi nel cielo,
rullano tamburi incalzano zampogne,
insieme nella polvere, sangue e sudore,
e cadono sull'erba mille bravi contadini.
C'è un re, c'è un re
che non vuol vedere,
c'è un re, c'è un re
che non vuol sapere.
C'è un re che dorme rapito dalle rose,
non si sveglia nemmeno quando madri silenziose
unite nel dolore a giovani spose,
gli mostrano un anello con inciso sopra un nome.
C'è un re, c'è un re,
che non scende dal trono,
c'è un re, c'è un re
che non fa nessun dono.
C'è un re, c'è un re
che non scende dal trono,
c'è un re, c'è un re
che non fa l'ultimo dono. [SM=x44461]

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05/02/2008 18:09

Il paese delle favole

Piter Pan non lotta più ha venduto il suo pugnale,

Capitan Uncino manda Wandy a battere sul viale,

l'isola incantata è già stata allortizzata

e Alice nelle bottiglie cerca le sue meraviglie.



Paperino sta in catena e lavora di gran lena,

Paperina con passione vende baci a Paperone,

Qui, Quo, Qua sono andati via vanno a rischio dell'autonomia

e voi intellettuali ne avete già discusso

a che serve poi menarla con la storia del riflusso.



Don Chichotte non è contento ma lavora in un mulino a vento,

Ali-Babà e i quaranta ladroni hanno già vinto l'elezioni,

Hansel e Gretel hanno fondato una fabbrica di cioccolato

e Alice nelle bottiglie cerca le sue meraviglie.



Gli stivali delle sette leghe pagan bollo e assicurazione,

le scope delle streghe le ha abbattute l'aviazione,

Pollicino è nella CIA gli fan far la microspia

e voi intellettuali ne avete gia discusso

a che serve poi menarla con la storia del riflusso.



Cenerentola ha una Jaguar e un vestito molto fine,

ogni volta che c'è un principe leva scarpe e mutandine,

la matrigna vecchia arpia prende i soldi e li mette via.



E voi intellettuali non ne avete mai discusso

di come me torna l'onda alla fine del riflusso.
[SM=x44479]
[Modificato da K3®ub|na 05/02/2008 18:09]

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05/02/2008 18:14

l'uomo di Monaco

E guardai, scrutai, quel vecchio a Monaco
quel sorriso, quella birra quante cose poi pensai,
la mia mente a una folla di sguardi fissati
dietro a quei fili spinati.
E lo spiai, scrutai, divise immaginai,
di uno che, marciò, l'Europa calpestò,
la mia mente a una folla di sguardi spietati
fuori da quei fili spinati.
Lo guardai
nel fondo dei suoi occhi
lo fissai
insistendo sempre più
per vedere se c'era
colpa o, paura
perché, per quale ragione.
E guarda, scrutai, niente poi notai
solo rughe sul viso,dal tempo seminate,
non aveva artigli, tremavan le sue mani
come quelle di mio padre.
Lo guardai...
Ritornai poi, ancora a Monaco
lo cercai, ma ormai, lui non era più,
la mia mente, quella folla, quelle mani
tra un volo di gabbiani.
[SM=x44450]
[Modificato da K3®ub|na 05/02/2008 18:16]

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05/02/2008 18:16

Salvador

Salvador era un uomo, vissuto da uomo

morto da uomo, con un fucile in mano.

Nelle caserme i generali, brindavano alla vittoria

con bicchieri colmi di sangue, di un popolo in catene.



Da un cielo grigio di piombo

piovevano lacrime di rame,

il Cile piangeva disperato

la sua libertà perduta.



Mille madri desolate, piangevano figli scomparsi

l'amore aveva occhi sbarrati di una ragazza bruna.

Anche le colombe erano diventate falchi,

gli alberi d'ulivo trasformati in croci.



Da un cielo grigio di piombo

piovevano lacrime di rame,

il Cile piangeva disperato

la sua libertà perduta.



Ma un popolo non può morire, non si uccidono idee

sopra una tomba senza nome, nasceva la coscienza.

Mentre l'alba dalle Ande rischiara i cieli,

cerca il suo nuovo nido una colomba bianca.



Da un cielo grigio di piombo

piovevano lacrime di rame,

il Cile piangeva disperato

la sua libertà perduta.
[SM=x44450]

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